Ovvero come le api si difendono da malanni più o meno seri.
Tra tutti gli allevatori, gli apicoltori possono vantarsi della collaborazione degli animali che possiedono una delle caratteristiche più rare in natura: la socialità. Addirittura una socialità tra le più evolute.
Ora, se da una parte può essere vantaggioso perché si possono condividere le risorse alimentari, è più facile mettere in atto una strategia di difesa (uno per tutti, tutti per uno!) e sviluppare una intelligenza diversa che gli scienziati definiscono sociale, dall’altra parte c’è il problema che negli ambienti affollati i patogeni viaggiano, e alla grande!
Gli animali che vivono in comunità ospitano più parassiti e diffondono più malattie specie-specifiche rispetto agli animali solitari. In generale, parassiti e malattie indeboliscono le energie e arrestano la crescita degli animali.
È in casi come questi che interviene l’evoluzione con l’invenzione dell’immunità sociale.
Interessante. Ma questa immunità sociale cosa sarebbe? È l’insieme dei comportamenti messi in atto da singoli individui in modo da ridurre effettivamente le malattie e la trasmissione di parassiti a livello di colonia.
È fenomeno diffuso tra le api, le vespe, le termiti e le formiche, solo per citare gli insetti sociali più famosi.
Tra i comportamenti che rientrano nell’immunità sociale ci sono:
- Grooming
- Rimozione di cadaveri dal nido, sia larve che sprovveduti intrusi
- “febbre sociale” utilizzata dalle api per uccidere patogeni
- Ricerca e rimozione di malattie non ancora conclamata o covata malata.
- Propoli
- Distanziamento sociale
Del grooming e di come le api tentino di far fronte alla sciagura della varroa e alle svariate sfighe ad essa correlate abbiano parlato in una lunga serie di articoli e in particolare:
- Grooming https://www.apicoltoridelpiceno.it/2020/12/05/resistenza-alla-varroa-quanto-ne-sappiamo-parte-3-grooming-2/
- Rimozione della covata https://www.apicoltoridelpiceno.it/2020/11/20/resistenza-alla-varroa-quanto-ne-sappiamo-parte-2-comportamento-igienico/
E cosa sappiamo della febbre sociale?
Le api aumentano la temperatura all’interno del nido quando:
- Si ha la necessità di accelerare il processo di sviluppo della covata
- Per facilitare la difesa contro i predatori, l’esempio classico è l’attacco e successiva “ cottura” che talvolta può ricevere una vespa crabro da un manipolo di agguerrite guardiane
- Per facilitare la difesa contro i patogeni.
Le api producono un innalzamento della temperatura, la febbre appunto, come risposta ad una infezione della colonia da parte di Ascosphaera apis, un fungo che è la causa della covata calcificata.
Questa patologia viene trasmessa tramite ingestione di cibo contaminato e colpisce la covata. Una volta infettata, la larva muore e si disidrata assumendo quella morfologia che ricorda un pezzetto di gesso. Le larve muoiono alla temperatura di circa 30 °C, cioè poco al di sotto della temperatura di sviluppo che varia tra i 33 e i 36 °C. Temperature leggermente più base, per intenderci 30 °C circa, permettono all’ossigeno di penetrare nell’intestino delle larve e attivano la crescita del patogeno.
È noto che questa malattia si presenta disinvoltamente in primavera, quando si verificano sbalzi di temperatura e fisiologicamente la quantità di covata non è commisurata alla popolazione adulta, cioè in un momento in cui la colonia non riesce a regolare la propria temperatura al meglio.
Tuttavia, le api inducono la febbre in risposta ad una alta percezione della presenza del patogeno Ascosphaera apis e questo avviene prima che le larve muoiano, suggerendo sia alle operaie di rilevare l’infezione prima che i sintomi siano visibile che alle larve di comunicare (tramite feromoni, non verbalmente!) di essersi mangiate il patogeno. Quindi l’innalzamento della temperatura contribuisce a limitare gli effetti della malattia.
Questo comportamento è un impressionante esempio di convergenza evolutiva tra il superorganismo alveare e la febbre prodotta dagli animali.
In copertina: Francesco Paolo Michetti – I morticelli- Munda, Museo Nazionale d’Abruzzo – L’Aquila
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