Corsi di perfezionamento coi cartoni animati.
Pillole di fisiologia dell’alveare. Episodio 2
L’ape Maia è un’ ape mellifera mellifera. Ma che cavolo vuol dire? Semplicemente che è tedesca!
Maia, infatti, nasce dalla penna dello scrittore tedesco Waldemar Bonsels che l’ha resa protagonista del romanzo di formazione “Die Biene Maja und ihre Abenteuer” (con il titolo italiano “L’ape Maia e le sue avventure”) pubblicato nel 1912.
Non deve stupire l’origine teutonica di Maia: i più grandi e illustri studiosi di api della storia sono tedeschi. Il capostipite è Karl von Frisch che nel 1973, grazie ai suoi studi sulla comunicazione delle api, è stato insignito del premio Nobel; tra i suoi allievi c’è Martin Lindauer che ha decodificato ulteriormente i sistemi di comunicazione delle api e poi c’è il neurobiologo Randolf Menzel, allievo di Lindauer, che si occupa di svelare i segreti del funzionamento del cervello delle api. E questo solo per citarne alcuni.
Ma dopo questa digressione storica, torniamo a Maia che ha al suo attivo diverse presenze sul piccolo e grande schermo.
La prima risale addirittura al 1925 in cui Wolfram Junghans biologo, regista e nonché (guarda caso) amico di Waldemar Bonsels cerca di raccontare la storia di Maia con veri insetti: il risultato è più un documentario che un film in senso stretto.
Negli anni ‘70 Maia conosce il grande successo grazie alla serie televisiva giapponese che ha dato vita a ben 104 episodi suddivisi in due stagioni, serie che ha un remake realizzato in computer grafica un paio di lustri fa. L’edizione italiana vanta ben 4 sigle, una delle quali, cantando “gialla e nera e tanto gaia”, ha indotto generazioni a confondere le api con le vespe!
Nel 2014 esce il film in computer grafica “L’ape Maia: le Olimpiadi del Miele”.
Maia, sia nel cartone animato che soprattutto nel romanzo, ha lo scopo di educare, questo anche a scapito della corretta informazione apistica.
E’ sufficiente analizzare il primo episodio per accorgersene.
La colonia in cui nasce Maia vive all’interno di un bugno villico regalandoci una visione molto bucolica della vita delle api, precedente all’avvento dell’era dell’apicoltura razionale, rivoluzione che ha modificato sostanzialmente la metodologia di rapportarsi con le api: dall’apicidio necessario per avere il miele si è passato al vero e proprio allevamento. L’apicoltura razionale è nata grazie a Langstroth , Dadant, Carlini, Sartori per citare i più famosi che hanno realizzato diversi modelli di arnie a favi mobili, alcuni dei quali tutt’ora in uso.
All’inizio dell’episodio la signorina Cassandra, una sorta di puericultrice e maestra, viene sottoposta ai controlli delle api guardiane. Per la vita e la sicurezza della colonia, è fondamentale la presenza delle api guardiane e l’attuazione dei giusti comportamenti di queste nei confronti di chiunque voglia entrare: le bottinatrici della colonia vengono fatte entrare perchè riconosciute dall’odore, mentre le bottinatrici di altre colonie vengono ammesse solo se portano cibo e si dimostrano non aggressive, gli altri esseri viventi vengono respinti con esiti dipendenti dall’invasore e dalla capacità difensiva della famiglia.
Le api di un favo nascono più o meno tutte contemporaneamente e questo avviene anche nel caso di Maia e delle sue sorelle. Le api nascendo dalla stessa regina, quindi dalla stessa madre, sono tra di loro tutte sorelle. (Sui gradi di parentela delle api di una stessa colonia ci sarebbe molto da parlare, ma questa non è la sede… e poi sarebbe un argomento troppo barboso e con risvolti più da manga giapponesi che da cartoni per la tenera età). La nascita delle api in primavera ed estate avviene a ciclo continuo.
Finalmente nasce Maia, e per eccesso di antropomorfismo, ha 4 zampe come, del resto, tutte le api del cartone. Nella realtà tutti gli insetti, e quindi anche le api, hanno 6 zampe.
Maia ha una gran fretta di bruciare le tappe e di diventare presto una bottinatrice. In natura, le api trascorrono metà della loro esistenza come “api di casa” ossia come api che non escono mai dall’alveare (povere, sempre al buio!) e svolgono una serie di mansioni che dipendono dall’età. Appena nate le api ripuliscono la propria cella e per la maggior parte del tempo riposano. E sì! Le api riposano, dormono e addirittura pare che siano capaci anche di sognare: una realtà che fa crollare lo stereotipo delle api come unicamente dedite al lavoro. Successivamente le api si occuperanno di nutrire le larve. Ah, già… ci sono un altro paio di dettagli che non tornano. Chiariamo.
La regina depone direttamente un uovo in ogni singola cella, dopo 3 giorni l’uovo si schiude ed esce una larva che va alimentata con pappa reale, miele e polline da giovani api (nel caso delle api l’alimentazione può fare miracoli!) e poi cresce, cresce, cresce fino a tessersi un bozzolo (come le farfalle). A questo punto altre api rinchiudono la larva e all’interno della della celletta avvengono tutta una serie di mute fino trasformare la larva in un’ape.
Maia, nella foga di uscire, si imbatte nelle bottinatrici di rientro e nelle api magazziniere che si occupano di sistemare il miele svuotando pratici orci. Nella realtà gli orci, però, sono le borse melarie che si trovano all’interno dell’addome delle api: in esse avviene la trasformazione del nettare raccolto il miele attraverso la presenza di particolari enzimi; inoltre il travaso avviene attraverso una sorta di rigurgito da un’ape all’altra attraverso la ligula. Certo, quest’ immagine è più adatta ad un film di Quentin Tarantino che a un prodotto per l’infanzia e quindi ci accontentiamo degli orci.
L’altra metà della vita di un’ape invece è trascorsa quasi interamente al di fuori dell’alveare svolgendo la funzione di bottinatrice, una funzione molto insidiosa perchè piena di pericoli (predatori, avvelenamenti, piogge improvvise, ecc.).
Le giovani bottinatrici hanno bisogno di un addestramento da parte delle bottinatrici più esperte, quelle che conoscono meglio il territorio circostante: in tal modo avviene una sorta di trapasso delle nozioni.
In ultimo, non possiamo non dedicare un po’ di spazio al fuco Willi.
E’ descritto come il classico fuco pigro, sonnacchioso e scroccone delle risorse dell’alveare. Questo rispecchia quello che fino a qualche tempo fa veniva riportato in letteratura; negli ultimi anni, però, i fuchi hanno subito una riabilitazione poichè si è osservato che concorrono all’alimentazione delle larve e al mantenimento della temperatura costante all’interno dell’alveare. Potrebbe sembrare una parità dei sessi, ma la società delle api rimane sempre matriarcale.
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Sezione I. I pericoli dell’apicoltura
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Masha e Orso
Shaun the sheep
Paperino & Alvaro
Futurama
Sezione II. Le api si raccontano: ecologia, etologia e biologia delle api e dell’alveare
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Maga Magà
Ape Maia
Bee Movie
Minuscule
Sezione III. Fare apicoltura
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Curioso come George
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