Randy Oliver, Re-evaluating varroa monitoring part 4, ABJ June 2020
E se lasciassimo volare via le api scosse?
In questa ultima parte della disanima attenta sulle modalità di prelievo del campione significativo di api per valutare l’infestazione da varroa, Randy offre delle indicazioni pratiche quanto mai utili in questi giorni in cui stiamo in effetti svolgendo i monitoraggi. Vi ricordiamo che il 20 giugno chiude la prima finestra per l’inserimento dei dati nel portale web del Centro tecnico di riferimento per l’apicoltura – patologie apistiche di Unaapi http://crt-pau.it/
Nel mio articolo precedente ho mostrato come il tasso di infestazione da varroa rilevato sulle api vari da telaio a telaio, con numeri più elevati sui telai di covata, ma numeri più costanti, benché più bassi, sui telai di scorte. Esiste un modo per trovare una felice via di mezzo?
Per raccogliere un campione di api, si può trascinare un contenitore (ndt l’ormai classico bicchiere da 100 ml) sul favo cosicché le api vi cadono dentro.
Figure 1 e 2: racogliere le api dal telaio, facendo scorrere il bicchierino dall’alto al basso; oppure raccogliere le api da una vaschetta dopo averle scosse dentro
Altri, come me, preferiscono scuotere le api in una vaschetta (o un coperchio rovesciato alla bisogna, ndt) per diverse ragioni:
- posso controllare se c’è la regina, prima di raccogliere le api;
- ritengo che dopo che le api più vecchie se ne sono volate via, è più facile prelevare le giovani per riempire il contenitore (non pungono tra l’altro) e quindi riesco ad avere costanza nel numero di api campionate;
- lasciando che le api più vecchie se ne volino via, mi ritrovo solo nutrici – quelle con il tasso di varroa biologicamente più rilevante (ndr: è la varroa che in effetti finirà dentro alle celle di covata!)
Non ho dubbi in merito ai primi due punti (meramente tecnici e operativi ndt) ma ho la sensazione che il terzo vada sottoposto ad indagine.
Le api più vecchie, quelle che hanno già avuto esperienze di volo, immediatamente voleranno verso la luce e poi alla loro arnia. Le più giovani evitano la luce e sono temporaneamente stordite nella vaschetta. Dopo qualche secondo, si allargano e formano uno strato omogeneo sul fondo e sulle pareti, rendendo facile l’individuazione eventuale di una regina (ndr: si raccomanda cmq di cercare la regina prima di procedere all’operazione …!!!). Insomma, queste api sono gentili come gattine, ed è facile manipolarle e misurarle.
Se le api che se ne volano via hanno un tasso di infestazione più basso, inoltre, attendere per raccogliere il campione darà un risultato più alto e biologicamente rilevante in termini di conta di varroa.
Analisi di uno studio precedente.
Nel secondo articolo di questa serie, ho presentato dei dati discordi rispetto alla distribuzione delle operaie per classi di età sui diversi favi. Una parte dei dati veniva da J.B. Free. Free aveva marcato le api per classi di età (all’emergere dai favi) e inserito favi con larve di coetanee negli alveari. Successivamente, aveva rimosso i telai e contato il numero di api per ogni classe di età in ogni favo. Riscontrò come una buona proporzione di nutrici fosse presente anche sui favi di scorte.
Per nostra fortuna, Free aveva fatto anche un’altra misurazione: aveva contato il numero di api che per ogni classe di età volava dal telaio all’arnia di origine. Riscontrò che ben il 95% delle api che facevano rientro a casa avevano più di 22 giorni.
Quindi ho corretto i dati in figura 3 per stimare i vari gruppi di età in un campione di api scosse DOPO AVER LASCIATO VOLARE VIA LE API che lo fanno.
Il mio studio sul campo
Nel suo studio, Free non scuoteva le api dai favi, e quindi mi sono trovato incerto sulla validità di una estrapolazione dei dati dell’effetto ‘volo di rientro’ sulle api scosse. Ho deciso quindi di fare io stesso uno studio sul campo.
Materiali e metodi
Ho scosso le api da alveari molto infestati alla fine della stagione apistica in California; c’era ancora covata, e quindi nutrici (31 ottobre e 1 novembre 2019). Gli alveari non erano molto forti, ho dovuto spesso scuotere più di un telaio (alcuni con covata) in una vaschetta. Ho fotografato ogni fase (figure da 5 a 10)
Figure 5 e 6: Le api sono scosse usando un imbuto nel contenitore verde. C’è un coperchietto di alluminio per chiuderlo. Tolto l’imbuto, si sigilla la terrina e le si sovrappone un colino. Quindi si toglie il foglio di alluminio e le api vecchi volano in alto, nel colino rovesciato.
Figure 7 e 8: ora si possono dividere le nutrici – sotto – dalle bottinatrici – nel colino. Con l’alcol Randy conta la caduta di varroe (effettua un doppio lavaggio per campione)
Figure 9 e 10: i diversi campioni vengono conservati per poter poi contare il numero di api prelevate. L’uso dell’alcol uccide le api ma consente calcoli più precisi, come in questo caso.
Risultati
Sono riassunti nella figura 11. Ho calcolato quale sarebbe stato il tasso di infestazione sui campioni senza dividere le api, e l’ho confrontato invece con il tasso risultante dopo aver atteso il tempo per far volare via le api. Quelle restanti mostravano una percentuale di infestazione di 1,2 volte maggiore.
Discussione
Pare proprio che si possa ottenere con costanza un conteggio della varroa migliore ( e forse più rappresentativo ) lasciando il tempo alle api più vecchie di volarsene via.
E’ anche interessante osservare i dati raccolti da Lloyd Harris sulla longevità2 delle api in primavera ed estate: circa la metà delle operaie sono nella classe ‘nutrici’. La mia personale osservazione, quando scuoto le api dalla camera di covata superiore, durante il picco della covata, confrontando con il numero delle api che volano via dopo essere state scosse, è che in effetti la maggior parte siano nutrici.
Quando però mi sono messo a lavorare sui numeri di Harris per produrre il grafico sull’andamento demografico di una colonia durante una stagione3, i dati suggerivano che quando le colonie rallentano l’allevamento di covata allora una proporzione ancora maggiore dovrebbe essere a favore delle api adulte.
Le mie osservazioni di campo sono in accordo; con l’avanzare della stagione e il contrarsi della covata, il numero delle api che volano via dopo essere state scosse aumenta (se non c’è più covata, anche tutte!). Sorprendentemente, a tarda stagione, le colonie con poca covata usate in questo studio non avevano che una metà di volatrici – forse le longeve ‘api invernali’, più simili alle nutrici, tendono a non volare via.
E quindi, che consiglio pratico può arrivare da uno studio così rapido e grossolano? La domanda, ricordiamolo, è sempre quale sia il favo migliore da usare per prelevare il campione di api. Sono tornato al mio campionamento favo per favo del mese scorso. Avevo scosso la maggior parte dei campioni quando il tempo era fresco e le colonie erano ferme; non c’era stato un gran volo di rientro, tranne che nell’alveare n 6. Notai che proprio in quell’alveare il conteggio di varroe dai telai vicini alla covata offriva dati molto omogenei.
Dato che prelevo sempre i miei campioni dalla camera di covata superiore, avevo effettuato il campionamento favo per favo solo lì, per capire se la posizione del telaio nel nido facesse una qualche differenza. Avevo preso i telai numerandoli in base alla distanza dal primo favo di covata e poi avevo normalizzato i dati in base alla percentuale di infestazione della colonia intera. Avevo fatto anche una media sui favi di sola covata per un confronto; i risultati sono ripresi nella figura 12.
Notate che un campione di api preso da un favo di covata conterrà almeno il 50% in più di varroe rispetto ad un favo di scorte, almeno nelle condizioni di un minimo volo di rientro delle bottinatrici. Farle volare via significa ridurre le disparità tra favi.
Il dato più significativo che ci portiamo a casa da una analisi attenta della figura 12 è che il campione preso dal favo adiacente ad un favo di covata rappresenta al meglio l’infestazione media della colonia. Attenzione però! dal grafico non si vede ci sono sempre variazioni all’interno dello stesso alveare, anche per favi nella stessa posizione.
Applicazione pratica: Udite udite! la mia ipotesi si è dimostrata corretta. Continuerò a prelevare i campioni dal primo favo di scorte vicino alla covata. E’ un campione che offre una certa costanza e rappresentatività, e raramente ospita la regina. Lo scuoto, lascio che le api bottinatrici che volano via lo facciano, raccolgo il campione di api.
Tenete anche presente che nello stesso alveare potete avere dati molto variabili – e quindi non affidatevi mai ad un singolo conteggio, campionate un ampio numero di alveari in ogni singolo apiario.
Spero che i dati che ho raccolto sul campo vi consentano di scegliere in modo consapevole e informato il telaio da prelevare per il campionamento. La cosa più importante è essere costanti: non potete confrontare dati presi da favi di covata con quelli presi dai favi di scorte.
Applicazione pratica: nella mia conduzione, le colonie sono produttive quando ho la caduta di zero/una varroa da un favo di scorte in primavera e non più di 6 in estate ; non devono essercene più di 10 in autunno e devono scendere a meno o pari a 2 all’inizio dell’inverno.
Note:
1.La figura 3 è nella seconda parte di questa serie. Lo studio è di Free, JB (1960). The ditribution of bees in a honey bee (Apis mellifera L.) colony, Proceedings of the Royal Entomological Society of London. Series A, General Entomology. 35 (10-12): 141-144
2. Harris, JL (2010) The effect of requeening in late July on honey bee colony development on the Northern Great Plains of North America after removal from an indoor winter storage facility . J Apicultural Research and Bee World 49(2): 159-169.
3. Figura 4 in http://scientificbeekeeping.com/understanding-colony-buildup-and-decline-part-2/
Nota bene: Randy Oliver utilizza arnie in corpo doppio e quindi dovremo fare alcune correzioni per adattare le sue osservazioni ai nostri alveari; suggeriamo inoltre la rilettura dell’articolo (disponibile on line nell’archivio di L’apis) a quattro mani di Umberto Vesco e Giovanni Guido su come effettuare il monitoraggio con lo zucchero a velo.
Vesco U & Guido G, ‘Varroa: metodo dello zucchero a velo per stimare il grado di infestazione ‘. L’Apis XX, pp 7-11, giugno-luglio 2012.
Potete leggere le parti precedenti ai links seguenti:
0 Comments