Questo breve post connette la serie curata da Valentina Larcinese sulla resistenza a varroa con EurBeST, un grande progetto europeo di ricerca relativo all’attività di selezione di regine resistenti; il progetto è attualmente in corso di presentazione attraverso una serie di conferenze preregistrate e in diretta: il 12, 13, 14 e 15 aprile i workshops on line con i ricercatori referenti per i diversi paesi coinvolti.
Yves Le Conte* ha riassunto, in un breve intervento all’interno della cornice del progetto europeo EurBeST, alcuni noti elementi della relazione chimica tra ape e varroa. Noti certamente, ma anche molto specialistici. Si tratta tuttavia di ambiti di ricerca che potrebbero produrre ricadute pratiche apprezzabili non solo dagli allevatori di regine, ma anche dagli apicoltori.
Gli studi presentati si concentrano sull’identificazione di feromoni e di keromoni: i primi sono molecole fabbricate da un individuo che inducono una risposta comportamentale all’interno di una stessa specie; i secondi sono segnali generati da individui di una specie compresi e utilizzati da individui di un’altra.
Tra api e varroe questo tipo di comunicazione esiste e consente:
- Alle varroe di trovare
- sia le larve della giusta età per nutrirsi e riprodursi al sicuro, dentro a celle opercolate;
- sia le api adulte che le consentano di nutrirsi e di disperdersi per ricominciare il ciclo riproduttivo.
- Alle api di individuare sia nella covata opercolata che sulle api adulte la varroa, per riconoscerla e combatterla.
Dalla comparsa di varroa su apis mellifera molti gruppi di ricercatori hanno cercato di capire quali fossero i keromoni che orientavano varroa: l’acaro ha organi di senso molto raffinati concentrati sulla parte terminale delle zampe, che funzionano quasi come antenne.
Varroa raccoglie in modo estremamente efficiente le sostanze odorose emesse dalle larve delle api: idrocarburi cuticolari, acido palmitico e palmitato di metile, aldeidi e alcol alifatico; palmitato di metile e di etile, linoleato di metile. I feromoni della covata, grazie ai quali le giovani api raggiungono le larve per somministrare le numerosissime nutrizioni quotidiane, sono intercettati e decrittati dalle varroe feconde per trovare albergo e dedicarsi in primis all’ovideposizione e poi all’accoppiamento.
Entrambe le attività si espletano all’interno di una precisa ecologia chimica: alcune sostanze prodotte dalle larve sono essenziali per far completare alla varroa fondatrice (a questo proposito Valentina Larcinese ha scritto nella parte 4 della serie sulla resistenza alla varroa), pur feconda, la maturazione delle uova, a partire dalla prima maschile; altre, come l’oleato d’etile, sono emessi tanto dalle ninfe quanto dalle giovani varroe femmine per attrarre il maschio e portare a termine la fecondazione.
Il grado di raffinatezza con cui varroa riesce a mimetizzarsi nelle colonie di api mellifere è davvero sorprendente; ne è prova un esperimento condotto dallo stesso Le Conte.
Come sappiamo, le api sono dotate di un olfatto molto sviluppato e discriminano l’impronta odorosa di ogni colonia. E’ un tratto evolutivo legato alla necessità di non ammettere intrusi nell’alveare, soprattutto nella delicata fase tardo estiva quando la riduzione delle risorse esterne rende le famiglie inclini al saccheggio.
Le Conte e altri hanno avuto modo di lavorare in parallelo su colonie di mellifera e cerana e trasferire varroe da famiglie di cerana a famiglie di mellifera. Con opportune misurazioni dei composti che definiscono l’impronta chimica dell’alveare, hanno rilevato come le varroe riescano a ‘ prendere l’odore’ della nuova colonia (e si tratta di SPECIE di api diverse!!!) in un tempo molto breve.
Considerando le raffinate capacità mimetiche delle varroe, non stupisce che le api facciano fatica ad individuare quelle foretiche, aggrappate alle api adulte. Eppure nei ceppi di api che sono naturalmente diventati resistenti a varroa (vedi ancora Resistenza alla varroa, parte 7.1 e 7.2) ciò accade.
E sempre grazie alla comunicazione chimica, le api riconoscono i segnali che arrivano dalla covata parassitizzata: o meglio, a farlo davvero sono quei ceppi che per primi J. Harbo e J. Harris nel centro di ricerca USDA (dipartimento per l’agricoltura degli Stati Uniti d’America) di Baton Rouge, in Louisiana, hanno definito VSH, api che esprimono maggiore inclinazione all’igiene e alla pulizia.
Queste api VSH hanno un olfatto più raffinato delle altre e capacità reattive più rapide: le pupe infestate segnalano in modo intenso il loro stato di disagio e le api intervengono disopercolando e richiudendo o addirittura, in caso di ninfa o pupa ormai danneggiata, cannibalizzandola. Ciò interrompe il ciclo riproduttivo della varroa fondatrice, costringendola a ricominciare da capo. Il feromone prodotto dalla covata sofferente ha dei componenti specifici, tanto che si ipotizza la possibilità di ricavare polveri o spray a base di questi bouquet chimici per testare l’esistenza dei tratti VSH in una qualsiasi colonia di api mellifere.
La genetica potrebbe venire in ulteriore aiuto, poiché si è capito che le api VSH sovraesprimono i geni legati all’olfatto: ciò apre le porte all’individuazione di markers molecolari che facilitino ulteriormente la selezione di colonie VSH.
Ecologia chimica e markers molecolari sono campi di ricerca che secondo Le Conte potrebbero a breve avere pratiche applicazioni per facilitare i lavori intrapresi nella direzione della selezione di stock di api resistenti a varroa.
L’intervento (francese o inglese) di Yves Le Conte è visionabile sul sito www.eurbest.eu all’interno delle presentazioni del progetto EurBeST disponibili all’utenza previa semplice registrazione.
* Yves Le Conte è direttore della ricerca all’INRAE di Avignone (Institut National de Recherche, Abeilles & Environnement ). Si occupa sin dalla tesi di laurea di ecologia chimica ape/varroa.
Il quadro in copertina è di Theo van Doesburg, Mouvement héroique, 1915; Utrecht Centraal Museum.
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