Prendendo spunto da questo video vorrei fare una riflessione sulle tecniche di allevamento delle api regine.
Bene, lo avete guardato? Gli spunti di riflessione in questo video potrebbero riguardare:
- Il cassone orizzontale
- Lo starter
- Il cupularve
Non parlerò del cassone orizzontale da me amabilmente chiamato “la bara” (non me ne voglia Taffo per aver sconfinato nel suo territorio), con cui la scorsa estate, tra l’altro, ho attentato (durante uno spostamento all’interno dell’apiario) all’incolumità dello YouTuber di casa nonché autore del video qui riportato.
Neanche parlerò di come preparare uno starter; potrebbe essere, però, un argomento di un articolo futuro. Magari ci faccio un pensierino. Che dite?
Non resta che il cupularve. Che cos’è? È uno strumento per poter allevare regine senza ricorrere alla tecnica del traslarvo. È una struttura realizzata in materiale plastico in grado di contenere ben 110 cupolini; va inserito in un telaino costruito in cui deve essere ricavato uno spazio sufficiente ad alloggiarlo. La regina viene posta all’interno del cupularve e chiuso tramite una griglia escludiregina in plastica e lì inizierà a deporre.
Affinchè lo strumento sia ben accettato dalla colonia è necessario che permanga all’interno dell’alveare addirittura per alcuni mesi. Si potrebbe anche pensare di fare un bagno di cera per favorire l’accettazione. È nota l’avversione delle api nei confronti della plastica. Stanno cercando di inviarci qualche messaggio non troppo subliminale?
Per raggiungere l’obiettivo è necessario che i cupolini vengano prelevati quando le larve hanno un’età compresa tra le 6 e le 24 h, cioè 3-4 giorni dopo che lo strumento è entrato in opera. Ovviamente da qui in poi la tecnica di allevamento è quella standard.
Quella del cupularve sembrerebbe, quindi, un’ottima alternativa al traslarvo, specialmente per chi non ha molta confidenza con questa tecnica. Tuttavia non prende piede tra i professionisti e rimane, forse, appannaggio per i neofiti.
Personalmente credo che lo spazio sia troppo esiguo per una serena deposizione da parte della regina per cui nell’arco di breve tempo le uova vengono rimosse da parte delle operaie in modo che la regina abbia sempre spazio per la deposizione.
E allora che riflessione vogliamo fare?
Facciamo un salto temporale all’indietro: nel 2019 è stato pubblicato lo studio “A Maternal Effect on Queen Production in Honeybees” in cui si afferma che:
- Le regine depongono uova significativamente più grandi nelle celle reali rispetto a quelle deposte nelle celle da operaia
- La dimensione dell’uovo influenza sia l’espressione genetica che il peso della regina adulta
- Lo sviluppo nello stadio di uovo è un effetto materno che influenza lo sviluppo delle caste delle api
Gli effetti materni, ossia come i comportamenti della madre possono essere determinanti sulle caratteristiche della prole, sono un importante aspetto della plasticità dell’adattamento del fenotipo. Gli insetti eusociali mostrano questo aspetto in maniera evidente attraverso la differenza morfologica tra la casta riproduttiva (regina) e le operaie. Il paradigma dominante per le api mellifere è che le caste sono determinate dall’ambiente piuttosto che dalla genetica. È risaputo che operaie e regine hanno origine da uova fecondate, che il loro destino (in un senso o nell’altro) dipende dal regime alimentare a cui vengono sottoposte le larve e che le regine sono di solito gli unici individui femminili riproduttivi.
Diversi esempi di vertebrati hanno mostrato che le femmine possono adattativamente variare l’investimento nella bontà, nella qualità delle uova a seconda della percezione della qualità del loro accoppiamento e pertanto spesso sono spinti nell’investire maggiormente in giovani maschi ritenuti qualitativamente superiori. Anche gli insetti possono modificare il loro investimento nelle uova per un migliore adattamento della prole all’ambiente. Già nel 1945 Flanders nel suo studio “ Is caste differentiation in ants a function of the rate of egg deposition?” aveva ipotizzato che gli effetti materni potessero influenzare lo sviluppo delle caste degli insetti sociali attraverso un diverso investimento nelle uova. Sfortunatamente non sono stati effettuati studi ulteriori e quindi non ci sono dati relativi agli imenotteri che verificano questa ipotesi. In questo studio del 2019, però, si dimostra che anche la dimensione delle uova determina una influenza nello sviluppo della futura regina.
Come è stato ottenuto questo interessante risultato?
Alle regine deponenti è stato fornito un supporto plastico (praticamente un cupularve ) con celle sia da operaia che da regina, distinguibili per forma e dimensione. Dopo 6 h, le uova deposte nei due tipi di cella sono state raccolte e pesate. Questa operazione è stata fatta su tre colonie ottenendo la misurazione di 152 uova. Le uova deposte nelle celle reali sono risultate più pesanti e più lunghe delle uova deposte in celle di operaia.
Per determinare se queste differenze nelle dimensioni delle uova hanno una qualche conseguenza sulla morfologia della regina adulta, sei ore dopo la deposizione sono state spostate con il supporto in plastica in celle reali artificiali. Alcune uova di operaia sono rimaste in celle da operaia per ulteriori cinque giorni in modo da avere una larva di 2 giorni di vita. Successivamente sono state trasferite in celle reali artificiali. Tutte le celle reali sono state inserite in colonie orfane per essere allevate come regine dalle operaie.
Dopo 16 giorni le regine emergenti sono state raccolte e pesate. Questo studio è stato replicato per due anni su cinque colonie.
In figura si mostra un esempio di uova di ape regina e di operaia, disposte sul supporto di celle in plastica della stessa dimensione e forma di celle reali o di operaie posizionate nelle colonie (A e B). Le regine e le operaie sono state confinate in questi strumenti per 6 h affinchè avvenisse la deposizione nelle celle reali (A) e nelle celle da operaia (B). Trascorso questo tempo il dispositivo è stato rimosso.
Nell’ immagine (C) c’è un esempio di larva di 2 giorni ottenuto lasciando il supporto per 5 giorni, cioè il tempo necessario affinchè l’uovo si schiuda e la larva sia di 2 giorni.
Nella figura (D) la base di ogni cella di plastica è stata rimossa, consentendo un facile trasferimento di ogni uovo o larva nella nuova cella reale artificiale. Le celle contenenti uova di regina, di operaia o larva di 2 giorni sono state sistemate in modo casuale su una stecca e inserite in una colonia orfana dove le operaie le hanno nutrito e allevato come regine.
Quali sono i dati prodotti?
Le regine nate da celle reali sono risultate sempre le più pesanti, inoltre erano significativamente più pesanti delle regine nate da celle di operaie in tre colonie su cinque.
Il numero di ovarioli è un indicatore importante della capacità di deposizione delle regine. Lo studio ha verificato che le regine allevate fin dal principio da celle reali hanno un numero maggiore di ovarioli, in particolare un numero significativamente superiore a quello delle regine prodotte a partire da larve di due giorni ma non così significativo rispetto alle regine allevate a partire da uova deposte in celle da operaia.
Una ulteriore conferma viene dalle analisi genetiche per cui si è osservato una diversa espressione dei geni coinvolti nella sintesi di ormoni, nello sviluppo delle ovaie, nello sviluppo della cuticola e nelle funzioni immunitarie.
Cosa ci dicono i dati ricavati?
Gli effetti materni sulle dimensioni della regina e sulla fisiologia sono dovuti alla deposizione di uova più grandi nelle celle reali rispetto a quelle deposte nelle celle di operaia e potrebbero avere conseguenze anche sulle prestazioni della colonia come ad esempio la produzione di miele.
Pertanto si ipotizza che la regina nel momento della deposizione abbia più uova disponibili e che potrebbe avere la facoltà di scegliere (un po’ come fa quando deve scegliere se deporre un uovo maschile o femminile) di deporre uova più grandi nelle celle reali. Un’ altra ipotesi potrebbe essere che la regina interrompa la normale deposizione per dare priorità alla deposizione di uova nelle celle reali, cumulando un lieve ritardo nella deposizione che potrebbe determinare la produzione di uova più grandi aventi una maggiore quantità di proteine del tuorlo. Questo, però, è un ulteriore campo di indagine ancora da esplorare.
Questo studio mi pone una serie di domande: è necessario in qualche modo rivedere le tecniche di allevamento delle regine? Bisogna riabilitare in una qualche maniera il cupularve modificandone l’utilizzo rispetto alle istruzioni, movimentando, ad esempio, le celle dopo 6 ore dalla deposizione o aumentando la superficie del cupularve? E ancora: è trascurabile la qualità del materiale di partenza (cioè dell’uovo piuttosto che della larva) alla luce degli sforzi, costantemente in crescita, che si stanno facendo in termini di miglioramento genetico?
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