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DI FIORE IN FIORE (botanica e apicoltura)
10 Nov 2019

DI FIORE IN FIORE (botanica e apicoltura)

Post by Andrea Marziali

Fare apicoltura con buoni risultati è sempre più difficile: il clima contro, l’agricoltura che dispensa più di inquinanti e pesticidi che nettare e polline. Sono problemi complessi, che spesso ci lasciano spettatori e disarmati.

Ma non tutti subiscono passivamente!

Botanico per studio e passione, giardiniere per lavoro, Andrea Marziali ci guiderà alla creazione di aree fiorite, fonti di nutrienti per gli impollinatori, attraverso un calendario di lavori mensili – raccolte di semi, trapianti, talee..- che hanno trasformato il suo curatissimo apiario in una piccola oasi di bellezza e biodiversità.

IL RAPPORTO PIANTE – API – UOMO

Le storie evolutive delle piante, delle api e dell’uomo si sono intersecate solo nell’ultimo milione di anni da quando, cioè, hanno mosso i primi passi i nostri antenati ominidi. Si ritiene che le prime piante produttrici di pollini risalgano ad un periodo compreso fra i 150 ed i 100 milioni di anni fa, mentre per le api a vita sociale il balzo a ritroso è più breve, fermandosi fra i 20 e i 10 milioni di anni.

I primi rapporti, dei quali si hanno notizia, fra le api e l’uomo sono documentati in alcune pitture rupestri risalenti a ca 10.000 anni fa. Da quei primi contatti, sotto forma di predazione e saccheggio, per giungere alla vera apicoltura dobbiamo spingerci fin quasi ai giorni nostri visto che, ancora a metà del 1800, per raccogliere il miele si distruggevano gli alveari.

Dalla comparsa delle arnie a favo mobile (Langstroth) fino ad oggi è stato tutto un susseguirsi di migliorie ed invenzioni più o meno di successo con un crescendo quasi inarrestabile nella produzione dei vari prodotti dell’alveare; tutto questo fino ai primi anni ’80 del secolo scorso, periodo nel quale è entrato sulla scena l’acaro Varroa destructor.

Come se non fosse sufficiente, dai primi anni del XXI secolo si sono via via accentuati dei cambiamenti climatici che hanno portato alle crisi degli ultimi anni, con produzioni che calano di percentuali a due cifre da un anno all’altro.

Co-fattore in questa disfatta dell’apicoltura risiede in gran parte nelle profonde trasformazioni intervenute in agricoltura. Le tradizionali colture foraggere (lupinella, erba medica, sulla, trifoglio, ginestrino) hanno perso molta estensione a favore di monocolture a carattere intensivo le quali, con esclusione del girasole ( ed ultimamente neanche quello) ben poco hanno da offrire alle bottinatrici in cerca di nutrimento ( nettare e/o polline). 

Nelle attuali pratiche agricole, inoltre, è quasi scomparso il maggese o messa a riposo di un terreno; in questo arco di tempo molte piante ad habitus annuale riuscivano a produrre fiori, creando delle sacche di biodiversità che le api sfruttavano per rimpinguare i loro favi.

Clematis vitalba e Galega officinalis hanno conquistato un terreno lasciato a riposo da alcuni anni (Penna San Giovanni, Macerata)

Oggi le coltivazioni si susseguono praticamente senza sosta, coadiuvate dalle concimazioni minerali che stanno rendendo i terreni sterili e privi delle componenti batteriche e fungine che sono alla base di tutti i processi di degradazione della materia organica.

Ecco perché, nonostante l’impegno e la bravura di molti apicoltori, i risultati a fine stagione risultano, nel migliore dei casi, deludenti. Tutto questo deve farci riflettere e deve spingerci non solo a migliorarci nelle tecniche apistiche ma a riscoprire, sviluppare e sostenere fortemente una nuova rivoluzione agricola su piccola o su larga scala, che possa permettere di trarre soddisfazione dal proprio lavoro, sia per l’apicoltore quanto per l’agricoltore.

Per chi, invece, non ha questa possibilità …. resta sempre l’opzione scelta dal sottoscritto: creare una sorta di oasi ricca di biodiversità. Cercare piante di sicuro interesse apistico, procurarsene i semi, coltivarli e ripiantarli in prossimità del proprio apiario. Certamente i numeri devono essere importanti; 10 piante di rosmarino o di lavanda non risolveranno la mancanza generalizzata di fonti trofiche ma cominciando con macchie di 3/400 pezzi di un’essenza, 2/300 di un’altra, vi assicuro che a fine stagione magari non si faranno i numeri in fatto di kg prodotti ma il sapore del vostro miele ne guadagnerà sicuramente. 

In queste pagine Vi mostrerò il lavoro che mi tiene occupato tutti i fine settimana: a volte vedremo passo per passo come fare ad eseguire delle talee o a seminare il Cistus o la Galega, solo per fare un esempio.

Altre volte parleremo dei lavori che si possono svolgere su aree più ampie per chi è in possesso di superfici importanti e vuole sfruttarle per ricavarne, magari, mieli monoflora, contribuendo a tenere vive centinaia di specie animali che hanno molte difficoltà a reperire nutrimento.

E ancora vi suggerirò alberi e arbusti che potrete piantare in tutti quei terreni “marginali” che, non essendo adatti all’agricoltura, restano nella maggior parte dei casi abbandonati a loro stessi; contribuirete così a ricostituire quelle siepi di campagna che un tempo erano vere oasi di vita, fonte di cibo e luogo di riparo per insetti, uccelli ed animali selvatici.

Vi aspetto su queste pagine. 

Andrea Marziali

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